Se dopo aver letto questo titolo con la mente state andando a quei parterre scolpiti dalla maestria di molte generazioni di Giardinieri, dove Tassi, Bossi e Lecci sono perfettamente rotondi o squadrati, ecco! Per quanto io ritenga i giardini topiari del ‘700/800, delle vere opere d’arte vegetali da ammirare pieni di incanto, parchi come quello di Marqueyssac per intenderci, ebbene queste non sono opera della Natura!
In quel particolare periodo storico l’umanità ha voluto incentrare su sé stessa e sulle sue abilità l’espressione artistica, plasmando e soggiogando anche la vegetazione secondo linee geometriche, forme sinuose e definite che non appartengono al regno delle piante in natura.
Lasciandoci alle spalle l’illuminismo e le sue caratteristiche architettoniche per arrivare ai giorni nostri vorrei soffermarmi sul perché molti dei nostri giardini siano pieni di forme globose, rotonde, più o meno sferiche.
Il perché, purtroppo, è presto detto: perché la forma sferica è quella più facile da ottenere quando ci si prefigge di potare una pianta, senza tenere in debito conto la dimensione, le esigenze agronomiche o le caratteristiche del vegetale che vogliamo contenere con la potatura.
Questa linea di pensiero è totalmente da riconsiderare (a meno che voi non siate tra i curatori dei Giardini delle Venaria Reale o della Reggia di Caserta ;-); infatti un Giardino, a mio avviso, cari Giardinieri Sensibili, dovrebbe trarre ispirazione dalla Natura come modello insuperabile, che è quanto di più perfetto esista al mondo.
La forma che assume il fogliame delle piante, in ogni parte del globo ed in qualsiasi contesto naturale non presenta mai un aspetto sferico, semmai potrebbe definirsi globoso in certi casi, vedasi alcuni arbusti sparuti o un grande esemplare di Faggio isolato, ma il più delle volte è altro.
Pensiamo alle conifere ed ai loro apici appuntiti, ai compatti e bassi Rododendri alpini o Himalayani prostrati dal peso della neve, ad un Salice con le radici in acqua (non quello piangente, perché quello è stato selezionato ad arte da un vivaista lungimirante).
Madre Natura progetta le sue forme con vuoti e pieni, rami più lunghi e rami più corti, espone il fogliame nella maniera più intelligente possibile, affinché una foglia non faccia ombra a quella sottostante e che entrambe ricevano la maggior quantità possibile di luce solare per ottimizzare così la fotosintesi, ad oggi l’unico processo sulla faccia della terra in cui un organismo vivente trasforma la luce solare in energia. Quale meraviglia!
Quindi evitiamo di accorciare tutti i rami di una pianta alla stessa lunghezza creando palle, pallocchi ed affini, perché così facendo stiamo vanificando milioni di anni di evoluzione di Madre Natura.
Il portamento di un Oleandro non dovrebbe mai essere quello di una ortensia, il primo è “disordinato” per sua propria natura e rende al massimo quando è libero di esserlo, mentre la seconda è più tendente alla forma tondeggiante se potata correttamente, così come un esemplare di Cedro del Libano non dovrebbe essere costretto a forma di “panettone” perché è diventato troppo ingombrante; L’errore originario in questo caso è stato progettuale, nel senso che una pianta che assume dimensioni considerevoli in uno spazio troppo piccolo NON va piantata, pena doverla poi brutalizzare con potature scriteriate che la privano della sua naturale perfezione e bellezza.
Proviamo a capire che tipo di potatura richiede (se la richiede) una pianta.
Pratichiamola nel periodo opportuno, secondo le sue esigenze, e non solo le nostre.
Un esempio tipico è potare le Azalee in maggio, dopo che hanno fiorito e riempito con nuvole di colori le nostre bordure. Farlo prima precluderebbe irrimediabilmente la fioritura.
In conclusione, Giardinieri sensibili, informatevi circa le esigenze colturali delle vostre piante e provate per quanto possibile a rispettarne modi e tempi.
Sono certo che la ricompensa sarà molto gratificante.